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L’incubo di Cancun si chiama sargasso e viene dal mare

A Gerardo Lugo piace pescare, soprattutto i barracuda. Nei fine settimana va alla spiaggia di Cancun, sulla costa caraibica del Messico, entra con l’acqua fino alle ginocchia e lancia la canna, con la speranza che l’animale dai denti affilati abbocchi. Ma da un paio di mesi, più che pesci Gerardo Lugo pesca sargasso, un’alga che si forma al largo dell’Oceano Atlantico e che rappresenta un bel problema economico per il Messico ed altri paesi affacciati sul Mar dei Caraibi.

I cambiamenti climatici hanno modificato le correnti marine e, da una decina d’anni, nei mesi estivi macchie giganti di sargasso, che al largo dell’Atlantico possono arrivare a misurare 500 km di larghezza, vengono spinte verso i litorali caraibici. A maggio sulle coste messicane ne sono state raccolte più di 60 mila tonnellate e si prevede che questo record nei prossimi mesi possa essere superato.

Il governo messicano possiede due barconi che “pescano” l’alga in alto mare, raccogliendo fino a 20 tonnellate per viaggio, e ha installato una barriera al largo di alcune tra le spiagge più turistiche della cosiddetta Riviera Maya. Ma serve a molto: il sargasso non dà tregua.
Sul piano economico, la sua più grande vittima è il settore turistico: le prenotazioni nei mesi estivi, quelli in cui i venti e le correnti crescono e con loro l’arrivo dell’alga, sono in picchiata. Nella zona degli hotel di Cancun si teme che nei prossimi anni il celebre mare turchese che piace tanto ai visitatori possa cambiare colore.
“Il mattino presto, delle ruspe passano sulla spiaggia per portare via il sargasso che si accumula durante la notte, e così permettere ai turisti di godersi il mare”, spiega Gerardo Lugo. Una soluzione temporanea, che però da sola non basta per preservare la zona.

Articolo pubblicato sul Venerdì di Repubblica il 12.08.2022.

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