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Presencia militar en Pantelhó. Foto: Orsetta Bellani

I generali si sono presi il Messico

Orsetta Bellani, Il Venerdì di Repubblica

Quando si è accorta che l’esercito stava costruendo un hotel di lusso nel bel mezzo della Riserva Naturale di Calakmul, Leticia Valenzuela Santiago si è ricordata che anni prima nello stesso punto aveva piantato delle tende per ricevere turisti e le autorità gliele avevano fatte smontare, perché non rispettavano la normativa ambientale.

«Mi dissero che quella zona era intoccabile ed erano proibite le attività economiche», dice Leticia, che è nata in questa porzione di Selva Maya, nel Campeche, Sud-est del Messico, considerata dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Adesso proprio lì, nel cuore dell’area naturale protetta grande quasi come il Friuli Venezia Giulia, i militari stanno costruendo un edificio di 144 stanze con bar, piscina, sauna, palestra e un parcheggio per 212 automobili. 

L’hotel dell’esercito messicano nella Riserva Naturale di Calakmul. Foto: Elias Siebenborn

In realtà neanche l’esercito ha le autorizzazioni ambientali necessarie per costruire l’hotel di Calakmul, né per gli altri cinque che sta edificando in prossimità di importanti siti archeologici del Chiapas e della Penisola dello Yucatan: ma ai militari nessuno chiede nulla. Le nuove strutture sono tutte lungo la rete ferroviaria lunga più di 1.500 chilometri parzialmente inaugurata lo scorso anno e chiamata Treno Maya, anch’essa costruita dai militari. L’opera non è ancora del tutto terminata, ma già da tempo le ong messicane e quelle internazionali la contestano per i danni che ha provocato al delicatissimo ecosistema locale. Il governo federale ha annunciato che nei prossimi mesi, vicino ad ogni stazione verrà costruita una caserma.

Soldi e mimetiche

Il processo di militarizzazione del Messico è iniziato nel 2006, quando l’ex presidente ultraconservatore Felipe Calderón dichiarò guerra al narcotraffico che assediava il Paese: allora, nel giro di qualche mese le strade di tutta la nazione si riempirono di militari. Da quel momento l’esercito iniziò ad occuparsi della pubblica sicurezza, assumendo funzioni che secondo la Costituzione dovrebbero essere svolte dalla polizia e il processo non si è mai interrotto. Oggi i soldati non solo pattugliano le spiagge dei Caraibi e la metro della capitale, ma distribuiscono vaccini e giocattoli, piantano alberi. Da qualche anno, protetti dalla spiegazione ufficiale secondo cui è necessario combattere le infiltrazioni dei trafficanti nell’economia, amministrano anche porti e dogane e costruiscono strade, ferrovie e aeroporti. «Il Messico è una democrazia in cui una parte delle funzioni civili vengono gestite dall’esercito», riassume Laura Atuesta, esperta in militarizzazione del Centro de Investigación y Docencia Económicas (Cide). 

La Guardia Nazionale pattuglia la spiaggia di Puerto Morelos, nei Caraibi. Foto: Orsetta Bellani

Le cose non sono cambiate neanche quando, nel 2018, a Enrique Peña Nieto è succeduto l’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador, esponente del partito rivale, il Movimento di Rigenerazione Nazionale (Morena) di ispirazione riformista e progressista. E promettono di restare uguali anche dopo il 1 ottobre, quando al posto di Obrador si insedierà  la sua delfina Claudia Sheinbaum, che ha vinto le elezioni a giugno.  

Il risultato è che secondo uno studio dell’associazione Intersecta, mai come con l’ultimo governo sono state approvate iniziative per ampliare il potere dei militari. «Il presidente ha militarizzato il Messico per dare un messaggio al capitale internazionale, spaventato dalla violenza: ha voluto dire che qui è sicuro investire», spiega Romel Gonzalez del gruppo indigeno Consejo Regional Indìgena y Popular de Xpujil. 

In realtà prima di essere eletto Obrador aveva promesso di «rimandare i soldati alle caserme». Poi ci ha ripensato:  «È da saggi cambiare opinione», ha risposto a chi lo criticava.  

Il metodo

Una delle prime e più clamorose prove del potere dei militari è arrivata nel 2019 quando – da poco insediato – Obrador ha affidato all’esercito la costruzione e gestione dell’aeroporto Felipe Angeles, nei pressi di Città del Messico, inaugurato nel 2022. In quel momento molti hanno storto il naso, ma la pratica di “consegnare” i beni pubblici ai militari è diventata presto un modus operandi.

Per fare in modo che la cessione sia discreta e semplice, vengono fondate aziende parastatali che sono, nei fatti, gestite dai militari. Ad esempio, nel 2022 l’esercito ha creato il Gruppo Aeroportuale, Ferroviario e di Servizi Ausiliari Olmeca-Maya-Mexica, di cui è azionista unico. Possiede sei hotel di lusso, tra cui quello di Calakmul, undici aeroporti sparsi per tutto il Paese, undici centri di stoccaggio di combustibile, un museo e tre parchi. Non è la sola azienda sotto il controllo dei militari: ne esistono altre quattordici, come la compagnia aerea Mexicana de Aviación e la Treno Maya. 

Dall’inizio di quest’anno, anche la Marina Militare ha la sua rete ferroviaria: si chiama Treno Transistmico e attraversa l’Istmo di Tehuantepec, presentandosi come un’alternativa al Canale di Panama per trasportare merci da un oceano all’altro. Controlla anche otto scali aerei, attraverso l’azienda Gruppo Aeroportuale Marina: tra loro anche l’aeroporto internazionale di Città del Messico, il più importante del Paese.

L’esercito messicano entra nel paese di Pantelhó, nel Chiapas, dove un gruppo di abitanti è insorto per cacciare la criminalità organizzata (luglio 2021) Foto: Orsetta Bellani

Le incognite

L’aumento di potere delle Forze armate preoccupa una parte della popolazione, soprattutto a causa del loro discutibile curriculum. Solo tra il 2020 e il 2022, l’esercito ha ricevuto più di 1.100 denunce per violazione dei diritti umani in tutto il Paese: detenzioni arbitrarie, torture, omicidi e sparizioni forzate.

Un’inchiesta della magistratura ha portato alla luce prove del coinvolgimento dei militari anche nella sparizione dei 43 studenti di Ayotzinapa, dieci anni fa: ufficialmente Obrador ha negato il coinvolgimento dei militari, ma le famiglie delle vittime sostengono che le prove sono inconfutabuli. 

Al di là del singolo caso, i dati mostrano come negli ultimi anni la violenza in Messico non abbia fatto che crescere: nonostante la presenza dei soldati nelle strade. Durante i sei anni di governo di López Obrador si sono registrati circa 184  mila omicidi, il 26 per cento in più che nella precedente amministrazione. «La partecipazione dell’esercito nei compiti di pubblica sicurezza ha portato ad un aumento delle violazioni dei diritti umani», riassume la ricercatrice Laura Atuesta. «C’è poi una questione di opacità: se un ente pubblico si occupa di un’opera di ingegneria, come cittadini possiamo esigere trasparenza sull’uso dei fondi pubblici; invece l’esercito non è obbligato a rendere conto».  

Con Sheinbaum al potere gli analisti non si aspettano grandi cambiamenti. Se anche la “presidenta” volesse farne, il compito sarebbe arduo. «Quando fra tre anni questo governo finirà, i militari avranno occupato intere regioni del Paese», disse nel 2021 l’esperta in geopolitica Ana Esther Ceceña, dell’Universidad Autónoma de México. Il timore oggi è che avesse ragione lei.

Articolo pubblicato sul Venerdì di Repubblica il 27 settembre 2024.

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