Skip to content

A Marielle Franco, non un passo indietro

Non Una di Meno

Le rose della resistenza nascono dall’asfalto, siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e soprusi che subiamo.” Marielle Franco

Apprendiamo con dolore, rabbia e sconcerto dell’uccisione a Rio de Janeiro di Marielle Franco, 39 anni, militante femminista nera del Partito Socialismo e Libertà (Psol). Quinta consigliera comunale di Rio nelle elezioni del 2016, era nata nel Maré, una favela a nord della città e, per questo, amava definirsi “cria da Maré, “figlia della Marea”.

Attivista femminista, nera, sempre in prima linea per i diritti umani nelle favelas, contro lo sterminio delle popolazioni nere è stata uccisa. Una vera e propria esecuzione: è stata freddata con diversi colpi di pistola alla testa provenienti da una macchina che ha affiancato la sua. Insieme a lei è stato ucciso l’autista e gravemente ferita una sua collaboratrice. Marielle rientrava da un evento di femministe nere dove aveva difeso le politiche educative rivolte alla popolazione povera e nera, ricordando come lei stessa fosse riuscita a fare l’Università grazie ad esse.

Da settimane andava denunciando l’aumento della violenza e della brutalità della polizia nelle favela di Acari da parte del 41º Battaglione della Polizia Militare di Rio de Janeiro. Un giorno prima del suo assassinio scriveva in uno dei suoi ultimi tweet “Un altro omicidio di un giovane è entrato nella lista di crimini commessi dalla Polizia Militare. Matheus Melo stava uscendo da una chiesa. Quante persone ancora devono morire prima che questa guerra finisca?”

Questo omicidio, perpetrato a pochi giorni dallo sciopero globale dell’otto marzo, è un segnale della forte repressione in atto in Brasile, nei confronti di chi, come Marielle, donna nera e femminista, critica apertamente il presidente in carica Temer, per le sue politiche repressive contro le popolazioni più povere, e in particolare contro le persone di colore e le donne.

Il Presidente ha deciso all’inizio dell’anno di inviare l’esercito a Rio de Janeiro affidandogli il controllo e la sicurezza della città, per arginare quella che è stata presentata come un’escalation di violenze, in particolare di genere. In Brasile, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di femminicidi è di 4,8 per 100mila donne, il quinto posto a livello mondiale.

Marielle era entrata a far parte il 28 febbraio della Commissione che doveva monitorare l’intervento militare, che lei, insieme ad altri attivisti, consideravano un dispositivo per controllare e reprimere la popolazione nera e povera della città, usato dal Presidente a fini elettorali. La consigliera era stata tra le protagoniste delle manifestazioni massicce del movimento delle donne, che in questi anni hanno riempito anche le piazze del Brasile.

Sappiamo che chi, come Marielle, è sempre stata dalla parte delle donne nelle favelas, si opponeva in primo luogo alle politiche di “bonifica”(questo il termine tecnico usato per arresti di massa e uccisioni) da parte della polizia e alla concezione delle favelas come immensi quartieri dati in pasto alla criminalità organizzata. Le favelas rappresentano una necessità per il neoliberismo. Chi si è sempre schierato accanto alle donne, le più colpite dalla politica e dalla repressione, alle quali è preclusa ogni possibilità di uscire da una povertà assoluta, si è sempre ritrovata sotto attacco. In particolare, l’esecuzione di Marielle rappresenta un attacco a tutto quello contro cui lei stessa lottava: lo sterminio del popolo nero.

La marea femminista globale in questo difficile momento abbraccia le compagne femministe brasiliane, prendendo esempio dal coraggio e dalla forza di Marielle, gridando forte che “la nostra forza vi seppellirà!”.

Marielle è parte della marea femminista e la porteremo con noi in ogni latitudine e in ogni lotta a cominciare da quella contro il silenzio e l’oblio che cercheranno di far cadere su questo omicidio politico.

Pubblicato su Non Una di Meno il 15.03.2018

Torna su