Colombia, Prove di riconciliazione
Il 18 agosto 2006, il figlio minore di María Rosa Jiménez uscì di casa alle sette del mattino per andare a scuola, come tutti i giorni. María Rosa lo aspettava di ritorno nel primo pomeriggio, ma non arrivò mai. Aveva sedici anni. Dopo due mesi scomparse anche il figlio maggiore.
La donna vive nella Comuna 13, un quartiere di umili case di mattoni che si ammucchiano sulle montagne che circondano Medellín (Colombia), uno degli scenari del conflitto che da mezzo secolo oppone l’esercito colombiano -affiancato da milizie irregolari paramilitari- alle guerriglie di sinistra. Per anni, dalle loro finestre, gli abitanti della Comuna 13 hanno visto processioni di giovani che i paramilitari della Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) spingevano verso la discarica di inerti della Escombrera. Avevano l’ordine di “ucciderli, farli a pezzi, metterli in una borsa, buttarci calce, sale e farli sparire”.
María Rosa dice di essere convinta che i suoi figli si trovino nella Escombrera, “perché li portavano tutti lì”. Oggi la donna fa parte di Mujeres Caminando por la Verdad, un gruppo di madri di desaparecidos della Comuna 13. Dopo tredici anni di lotta, il collettivo è riuscito a convincere la procura ad ordinare l’esumazione della Escombrera, la fossa comune urbana più grande del mondo. La decisione è stata presa mentre all’Avana (Cuba) il governo e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) stanno negoziando un accordo di pace, che hanno annunciato verrà firmato entro il 23 marzo.
“Già nel 2002 denunciavamo l’esistenza di cadaveri nella discarica”, spiega Adriana Arboleda, avvocatessa della Corporación Jurídica Libertad, che difende le madri delle vittime. “Non ci hanno mai fatto caso, fino al 2008 le autorità negavano addirittura il problema dei desaparecidos. La decisione di esumare La Escombrera non è stato un accordo preso all’interno dei negoziati di pace tra il governo e le Farc, ma senza dubbio il contesto ci ha aiutate: il presidente Juan Manuel Santos vuole mostrare risultati, e l’esumazione della Escombrera lo è”.
Prima del 2002, la Comuna 13 era occupata dai guerriglieri delle Farc, dell’Ejército de Liberación Nacional (ELN) e dei Comandos Armados del Pueblo (CAP), interessati all’oleodotto che attraversa il quartiere e a controllare il corridoio che unisce Medellín ai porti dell’Atlantico. A quel tempo la popolazione viveva in una situazione di costante tensione a causa delle frequenti sparatorie, ma la relazione tra abitanti e guerriglieri era tutto sommato cordiale.
Tutto cambiò a partire dalla notte del 16 ottobre 2002. Più di mille tra poliziotti, militari, membri della procura e dell’intelligence, con l’appoggio dei paramilitari del Bloque Cacique Nutibara delle AUC, entrarono nel quartiere con armi e carroarmati. Perquisirono le case, mitragliarono gli edifici dagli elicotteri e spararono contro tutto quello che si muoveva. “Vivo in un terzo piano, dopo l’orribile sparatoria di quella notte il tetto aveva sei buchi grandissimi, e anche nella parete c’erano dei buchi come di fucile. Grazie a Dio siamo rimasti illesi. Con i miei nipoti ci siamo nascosti sotto il letto, io mi stavo affogando di stress”, ricorda Gloria Holguín di Mujeres Caminando por la Verdad.
La cosiddetta Operazione Orion è stato l’operativo urbano più grande della storia del conflitto colombiano. Fu un’azione ordinata dall’ex presidente conservatore Álvaro Uribe per inaugurare il suo piano chiamato Politica di Sicurezza Democratica, che aveva lo scopo di eliminare la presenza della guerriglia. Dal carcere degli Stati Uniti in cui si trova detenuto, l’ex capo delle AUC Diego Fernando Murillo Bejarano, alias Don Berna, ha affermato che durante l’operativo le forza dell’ordine si coordinarono con i paramilitari, come confermarono dichiarazioni dalla popolazione e materiale fotografico dell’epoca. L’Operazione Orion rappresenta quindi un esempio della stretta relazione tra il governo colombiano e i gruppi armati irregolari, che la procura considera responsabili di circa mille massacri e 25mila omicidi.
I media di allora ignorarono la brutalità dell’operativo, che colpì soprattutto i 130mila abitanti della comuna. Secondo una ricerca di Pablo Emilio Angarita dell’Università di Antioquia, in pochi giorni fra i civili si registrarono un morto, 38 feriti, 8 desaparecidos e 355 detenuti.
Un magistrato ha aperto un’indagine preliminare contro due generali che hanno partecipato all’Operazione Orion: Mario Montoya, allora comandante della IV Brigata dell’esercito, e l’ex comandante della Polizia Metropolitana Leonardo Gallego. Ma il processo non è iniziato, e finora nessuno ha riconosciuto la responsabilità politica sulle violazioni ai diritti umani avvenute durante e dopo l’operativo. Un ostacolo al cammino verso la pace e la riconciliazione intrapreso dalla Colombia nel novembre 2012, con l’apertura dei negoziati di pace tra il governo e le Farc.
A partire dall’Operazione Orion, nella Comuna 13 un gruppo armato prese il posto dell’altro. I guerriglieri furono cacciati e i paramilitari delle AUC presero il controllo del quartiere. Con loro arrivarono le sparizioni forzate e il terrore. Fra le strade anguste e le scalinate ripide della Comuna 13, qualsiasi persona poteva essere considerata come potenziale collaboratrice della guerriglia, e un semplice sospetto equivaleva a una condanna di morte.
“I guerriglieri erano giovani del quartiere e una li aveva visti crescere, la gente aveva relazioni con loro perché li conosceva da tutta la vita”, spiega Luz Helena Salas, il cui figlio ventenne è sparito dopo essere uscito a fumare una sigaretta, il 16 gennaio 2007. “I paramilitari portavano in giro i giovani per tutto il quartiere e poi li uccidevano. A volte dovevamo schivare i morti, passare su di loro. E la cosa più triste è che pensavo che ai miei figli non sarebbe mai successo, ma invece sì, alla fine è capitato. Anche se vivevo in mezzo alla violenza, non pensavo mi sarebbe successo”.
Secondo Luz Helena Salas, che fa parte di Mujeres Caminando por la Verdad, le violazioni ai diritti umani erano commesse anche dalle forze dell’ordine. Gloria Holguín è convinta che siano stati i poliziotti a far sparire suo figlio, che era entrato nella Comuna 13 per visitare la fidanzata. “Mi chiedono sempre chi è il responsabile della sparizione di mio figlio. È lo stato, se allora nella Comuna 13 c’erano la polizia e l’esercito, sono loro i responsabili”, denuncia la donna.
L’escavazione della Escombrera è iniziata il 27 luglio scorso. L’ex paramilitare Juan Carlos Villa alias Móvil 8, che operava nella Comuna 13 durante e dopo l’Operazione Orion, dal carcere di Bogotá indicò quattro punti dove avrebbe fatto seppellire 50 persone. La procura ha iniziato a scavare proprio in quest’area, malgrado le donne di Mujeres Caminando por la Verdad affermino che i corpi dovrebbero essere 300, e che non sono in quel luogo.
“Dove stanno scavando si chiama La Arenera”, spiega Luz Helena Galeano, portavoce del collettivo. “La vera Escombrera è il settore di terrigeni che si trova davanti, è lì che sono sepolti i 300 corpi”.
Secondo un’altra stima, quella del Comune di Medellín, nell’area dovrebbero essere sepolte tra le 80 e 90 persone. La montagna di rifiuti è alta come un edificio di 25 metri, e si prevede sia necessario arrivare a scavare a una profondità tra gli 8 e i 10 metri per estrarre circa 35mila metri cubici di calcinacci, terra e, forse, cadaveri. In questa montagna che domina la Valle di Aburrá potrebbero essere seppelliti i morti di tutte le guerre che hanno attraversato Medellín.
“La escavazione significa molto per la città e per il paese. In momenti come quello attuale, in cui sono alte le aspettative legate alla pace e alla riconciliazione, non possiamo dimenticarci di mettere in luce la verità sulla Escombrera, che per tanti anni è stata tenuta nascosta”, afferma Jorge Mejía, Consigliere per la Pace e la Riconciliazione del Comune di Medellín. “Il problema è che è un terreno di calcinacci, una massa di terra che oggi potrebbe non trovarsi dove si trovava quindici anni fa”.
Il cumulo di rifiuti che si trova sul crinale della montagna si potrebbe essere abbassato, e i corpi potrebbero non trovarsi più nei punti indicati dal leader paramilitare. Questa possibilità è ancora più probabile se si considera che la discarica è in funzione dagli anni ’90 e che, malgrado le proteste dei famigliari dei desaparecidos, non è mai stata chiusa. Mentre da una parte si scava cercando cadaveri, dall’altra si continuano a gettare rifiuti.
“L’esumazione è un atto simbolico e mediatico che non arriverà a nulla, non troveranno nessuno, perché le tre amministrazioni che si sono susseguite dal 2002 ad oggi non hanno smesso di depositare tonnellate di terra nella Escombrera”, afferma Juan Diego Restrepo, professore della Università di Antioquia e giornalista della rivista Semana.
Articolo pubblicato dal mensile Altreconomia nel gennaio 2016.