Ezln, il ballo discreto per i 43 scomparsi
Si inizia a ballare quando il ghiaccio si scioglie. Poco a poco ci si lascia andare alla musica nel campo di basket del Caracol di Oventic, sede del governo autonomo zapatista. Giovani indigeni con il volto coperto dal passamontagna invitano a ballare le ragazze venute da fuori, provenienti da luoghi differenti del Messico e del mondo.
È la notte di capodanno e migliaia di basi d’appoggio dell’Ejército Zapatista de Liberación Nacional (Ezln) e di loro simpatizzanti si ritrovano per aspettare l’inizio del 2015, festeggiare il 21mo anniversario dell’insurrezione zapatista e celebrare una delle tappe del Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni contro il capitalismo. Un evento itinerante pensato dall’Ezln e dal Congresso Nazionale Indigeno (Cni) — uno spazio di coordinamento tra alcune organizzazioni indigene del paese– per permettere ai movimenti sociali di conoscersi.
Un “festival dell’ascolto”, in cui hanno raccontato la propria esperienza politica persone e collettivi che si riconoscono nei principi anticapitalisti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’Ezln. L’idea è vedersi e spiegarsi, imparare l’uno dall’altro senza la pretesa di dover prendere decisioni vincolanti. Ma fuori dalla plenaria, in fila davanti alla mensa comunitaria o la notte prima di coricarsi nella tenda, i partecipanti al festival tessono relazioni, si scambiano contatti, immaginano linee di azione comuni.
Scorrono sul palco volti provenienti dai quattro angoli del pianeta, dall’Italia i No Tav, i No Expo, i collettivi Nodo Solidale, Ya Basta e il comitato Madri per Roma Città Aperta. «In Europa dopo il 1989 si è smesso di pensare che possa esistere un’alternativa al capitalismo. Lo viviamo come fosse la nostra identità, mentre qui in Messico è un elemento esterno che arriva in un territorio per distruggere le relazioni e riordinarle a suo piacere», osserva Diego Ferraris, attivista italiano della carovana che ha accompagnato il festival. Partita il 21 dicembre dal freddo paese di San Francisco Xochicuautla, nei pressi della capitale, la carovana ha attraversato mezzo Messico per arrivare alla torrida penisola dello Yucatán, e da lì in Chiapas.
Come sedi dell’evento sono stati scelti luoghi simbolici dell’attuale resistenza indigena messicana. A San Francisco Xochicuautla un’impresa vuole imporre la costruzione di un’autostrada malgrado un tribunale abbia stabilito il congelamento dell’opera, e gli indigeni otomí che si oppongono al progetto vengono arrestati arbitrariamente. In una situazione simile si trovano gli abitanti di Amilcingo, altra sede del festival, dove il conflitto gira intorno alla costruzione di un gasdotto dell’impresa italiana Bonatti. La carovana è poi passata per Monclova, che fa parte di una rete di comunità contrarie alla privatizzazione dell’energia elettrica, e si è conclusa in territorio zapatista.
«Il governo dice che i megaprogetti beneficiano le comunità indigene, ma sappiamo che non è vero. Per questo resistiamo all’imposizione di queste opere nei nostri territori, e alle riforme strutturali neoliberiste che sta promuovendo il governo», afferma Sebastián Pérez della Sociedad Civil Las Abejas di Acteal, organizzazione chiapaneca che nel 1997 è stata vittima di un attacco paramilitare in cui hanno trovato la morte 45 persone riunite in preghiera.
Poco prima della mezzanotte del 31 dicembre, la musica si è spenta nel Caracol zapatista di Oventic. I ballerini si sono disposti lungo il perimetro del campo di basket e sul palco sono saliti i famigliari degli studenti desaparecidos di Ayotzinapa, mostrando le foto dei loro figli. Avevano già visitato Oventic il 15 novembre, quando si avvicinarono ai rappresentanti dell’Ezln e si toccarono reciprocamente le ferite, riconoscendosi come parte dello stesso dolore. Quel giorno nacque la idea di promuovere la formazione di un movimento, a livello nazionale, per cambiare le strutture che permettono fatti come quello di Ayotzinapa, i meccanismi che legittimano l’impunità che copre la violenza di stato.
«Forse coloro che ora si ammucchiano su di voi per utilizzarvi vi abbandoneranno per correre altrove, cercando un’altra moda, un altro movimento, un’altra mobilitazione», li avvertì allora il subcomandante Moisés, che ha sostituito Marcos come portavoce dell’Ezln.
Anche lo scorso 31 dicembre, dal palco di Oventic, Moisés ha parlato ai famigliari dei ragazzi di Ayotzinapa promettendo di accompagnarli nella loro battaglia. In questo momento la vicinanza alle famiglie dei ragazzi desaparecidos sembra essere una delle priorità dell’organizzazione indigena, che ha già organizzato due manifestazioni di solidarietà e ha lasciato ai famigliari degli studenti il proprio posto nella carovana che ha accompagnato il festival.
Quella di Oventic è stata l’unica apparizione dell’Ezln durante il Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni, che si è concluso il 3 gennaio a San Cristóbal de Las Casas. Gli zapatisti sono i referenti delle resistenze che si sono incontrate in Messico, ma con la loro presenza discreta sembrano riaffermare quello che ripetono dal 2005: non siamo un’avanguardia, tutti impariamo da tutti, ognuno lotta a modo suo secondo il proprio calendario e la propria geografia.