Messico, ultimo scalo
Mentre l’aereo scende verso lo scalo Benito Juárez di Città del Messico, guardando dall’oblò, si ha la sensazione che la metropoli non finisca mai. In realtà, la distesa di di case che si appoggiano sull’altipiano messicano termina poco più a est dell’aeroporto, dove inizia la campagna di Texcoco.
Il bacino dell’ex lago di Texcoco è una grande pianura verde che divide la capitale dal Municipio di San Salvador Atenco. È una zona sismica che ogni anno si abbassa di 20 centimetri e s’inonda spesso e volentieri: anticamente era bagnata da un lago, e l’acqua spontaneamente torna a riempire il suo vecchio alveo.
Dalla collina di Huatepec, una protuberanza nel mezzo della pianura, Ernesto Cruz dell’organizzazione contadina Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra (FPDT) di Atenco stringe la valle muovendo le braccia in aria. Spiega che sotto le terre che si aprono di fronte a noi c’è un acquifero di fondamentale importanza per la capitale, una metropoli che soffre gravi problemi di scarsità idrica. Secondo molti esperti, la costruzione in questa zona del nuovo aeroporto internazionale di Città del Messico non farebbe che aumentarli.
Ma la decisione è stata presa. L’ha annunciata il 3 settembre scorso il presidente Enrique Peña Nieto che, vista la saturazione dello scalo attuale, ha promesso la costruzione di uno nuovo nell’area di Texcoco. Sarà il terzo aeroporto più grande del mondo. Peña Nieto ha parlato di un’opera “epica” e ambientalmente sostenibile, con sei piste che potrebbero arrivare a veder transitare 120 milioni di persone l’anno. L’investimento sarà di circa 10 miliardi di euro e i lavori dovrebbero durare 50 anni. Il Ministero dei Trasporti ha menzionato un “Programma Idraulico” capace di salvaguardare l’aeroporto dalle inondazioni, ma il Ministero dell’Ambiente non ha ancora presentato una valutazione d’impatto ambientale.
Il disegno dell’opera è stato affidato, attraverso un processo che la stampa locale considera poco trasparente, agli architetti Foster e Romero. Quest’ultimo è genero di Carlos Slim, un industriale messicano che è oggi l’uomo più ricco del mondo. Probabilmente lo stesso Carlos Slim beneficerà dei contratti legati al nuovo scalo internazionale visto che, secondo il Financial Times, la sua impresa Grupo CARSO è la vincitrice più probabile dell’appalto di costruzione dell’opera.
Nel gennaio 2000 era già pronto uno studio preliminare per la costruzione di un aeroporto nell’area di Texcoco, ma l’opposizione popolare fu così forte che nel 2002 il governo dovette fare marcia indietro. I contadini della zona, che dicono di coltivarla da 10mila anni, non hanno voluto abbandonare la loro terra per trasformarsi in portaborse e camerieri del nuovo aeroporto. Crearono il Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra (FPDT), utilizzarono tutte le risorse legali a loro disposizione e per mesi manifestarono nelle strade contro l’opera voluta da Carlos Hank González, patriarca del Grupo Altacomulco, un gruppo di pressione clandestino i cui membri si danno una mano a vicenda per garantirsi la permanenza al potere.
Anche l’attuale presidente messicano Enrique Peña Nieto fa parte del Grupo di Altacomulco, ed ebbe occasione di dimostrare fedeltà ai suoi confratelli nel maggio 2006. Ai tempi era governatore, e prese a pretesto un conflitto tra poliziotti e venditori di fiori in un mercato per vendicarsi della vittoria del 2002 dei contadini di Atenco.
Tra il 3 e 4 maggio 2006, legittimata dalla disinformazione dei più grandi media messicani, la polizia entrò nel paese. Nessuno venne risparmiato dalla violenza, e l’immagine di un poliziotto che dà una manganellata a un cane che si trovava per strada è diventata uno dei simboli della follia di quei giorni. La violenza delle forze dell’ordine, che prelevavano casa per casa le persone senza mandato di arresto, causò la morte di un bambino e di un ragazzo, l’arresto e il ferimento di centinaia di persone. La governativa Comisión Nacional de Derechos Humanos (Commissione Nazionale di Diritti Umani) ha denunciato che 202 vittime della cosiddetta Operación Rescate sono state sottoposte a un trattamento “crudele, inumano e degradante”, e che almeno 23 donne sono state torturate sessualmente dalla polizia.
“La tortura sessuale non implica necessariamente la violenza sessuale nei confronti della donna, ma si può concretizzare con il palpeggiamento di parti intime, o umiliazioni verbali come darle della “puttana” e dirle che prova gusto ad essere violentata”, spiega l’avvocatessa Araceli Olivos Portugal del Centro de Derechos Humanos Miguel Agustín Pro Juárez, che sta portando avanti la denuncia delle donne di Atenco presso il Sistema Interamericano di Diritti Umani. “Questo tipo di tortura può anche consistere in minacce di violenza sessuale o che hanno a che vedere con i ruoli di genere. Ad esempio, alle donne di Atenco i poliziotti dicevano che le stavano violentando perché si erano messe a fare le rivoltose invece di stare a casa a cucinare”.
La riattivazione del progetto di costruzione dell’aeroporto nell’area dell’ex bacino di Texcoco preoccupa la gente di Atenco, malgrado il governo abbia promesso che l’opera verrà costruita su 4.600 ettari di terreno federale e che non saranno necessari espropri. Il FPDT non gli crede e afferma che il vero proposito dell’amministrazione è creare un megaprogetto attorno all’aeroporto chiamato Ciudad Futura -che prevede la costruzione di corridoi commerciali, turistici e industriali-, e denuncia che da anni il governo sta comprando terreni nella zona in modo illegale. Infatti, le terre del Municipio di Atenco sono ejidales, ossia terre collettive che possono essere privatizzate -e quindi vendute- solo con il consenso dell’assemblea.
Il consenso è arrivato il 1 giugno scorso, in un’assemblea che il FPDT considera irregolare per essere stata “gonfiata” con integranti del governativo Partido Revolucionario Institucional (PRI, conservatore), che non appartengono all’ejido e che non hanno quindi diritto di voto.
I contadini di Atenco hanno presentato un ricorso al Tribunale Agrario per chiedere l’annullamento dell’assemblea, ma per ora non hanno avuto fortuna. Hanno manifestato il 22 agosto scorso e l’8 settembre hanno marciato nel centro di Città del Messico, fino al Tribunale Superiore Agrario, alzando i machetes che sono diventati il simbolo della loro lotta.
“Il governo dice di voler mettere fine alla povertà, perché piuttosto non mette fine alla ricchezza che è concentrata nelle mani dei Carlos Slim e di quelli del Grupo di Altacomulco? Il nostro è un governo fantoccio che asseconda gli interessi dei grandi industriali”, ha denunciato Ignacio del Valle, leader del FPDT, al termine della manifestazione.
I contadini di Atenco non hanno intenzione di perdere le loro terre e hanno annunciato l’inizio della seconda fase della loro resistenza. Dalla loro parte ci sono molto organizzazioni e collettivi nazionali e internazionali, oltre la sindaca di Texcoco, che non darà il permesso per la costruzione di un’opera di cui non conosce i dettagli, che il governo è restio a rendere pubblici. Ma secondo Peña Nieto i lavori per il nuovo scalo internazionale inizieranno ad ottobre.
Articolo pubblicato dal quotidiano Il Manifesto il 16.09.2014.