La discarica indigesta
Affacciandosi dal borgo di Cornice si gode di una bella vista sulla Val di Vara: il fiume scorre ai piedi del paese e le montagne di boschi gli cadono addosso. Gli abitanti della zona sono però preoccupati perché presto, di fronte a Cornice, potrebbe sorgere la discarica di servizio di Mangina. “La nostra azienda si sta convertendo al biologico; se aprissero una discarica così vicino, come potremmo mantenere la certificazione?”, si chiede il viticoltore Ivano Denevi.
La preoccupazione di Ivano e della moglie Carmen è condivisa da molti altri contadini della Val di Vara, dove circa il 96% delle aziende ha abbandonato l’agricoltura tradizionale. La gente di questa vallata che si allunga alle spalle della Spezia è orgogliosa del lungo lavoro di conversione che l’ha portata a ottenere numerosi riconoscimenti tra cui, nell’aprile 2013, quello di “Biodistretto della Val di Vara – Valle del Biologico”, accordato dalla Regione Liguria a sette comuni. Tre di questi confinano con il comune di Borghetto Vara, dove dal maggio 2015 dovrebbe entrare in funzione la discarica “di servizio” di Mangina.
“La presenza di una discarica impedirebbe l’allargamento del biodistretto ad altri comuni, mentre sarebbe auspicabile che il 100% della valle si volgesse al biologico”, osserva Walter Filattiera, presidente del Comitato “Nessuna discarica in Val di Vara”. “Gli stessi enti, come la Provincia della Spezia, che per anni hanno promosso la causa del biologico, del naturale, del vivere sano, ora propongono una discarica proprio qui”.
Il comitato, sorto nel maggio 2013, ha organizzato alcuni sit-in di fronte alle sedi istituzionali e una marcia di trattori lo scorso 20 luglio.
Nel maggio 2013 l’ex operaio Giancarlo Raggi passeggiava per il bosco di Mangina, quando s’imbatté in una montagna di rifiuti a cielo aperto: era la discarica creata da Termomeccanica nel 1984. Alcuni mesi prima, a pochi metri della discarica, i tecnici dell’azienda municipalizzata di gestione dei rifiuti Acam s.p.a. avevano svolto i carotaggi per la creazione del sito di Mangina. Senza però ribadire l’esistenza della discarica di Termomeccanica, a differenza della Provincia della Spezia che, nel “Piano provinciale per l’organizzazione del sistema integrato dei rifiuti urbani” del 2003, ne riconosce la presenza all’interno del sito di Mangina. Il documento del 2003 dice di privilegiare il sito della Val di Vara per l’installazione di impianti di trattamento per la frazione differenziata o per il compost e, solo come ultima ipotesi, considera che “nell’area può essere ubicata anche una discarica di servizio”.
La Provincia della Spezia rileva inoltre i punti critici individuati dal geologo Giovanni Raggi in uno studio del 1990: una falda idrica all’interno del sito, un terreno discretamente permeabile e la vicinanza al fiume Vara. Nello studio Giovanni Raggi conclude: “Le caratteristiche geologiche ed idrogeologiche locali non offrono le necessarie garanzie richieste”. Inoltre, Mangina non rispetterebbe il criterio della baricentricità, che predilige la scelta di siti vicini ai principali centri di trattamento e produzione dei rifiuti.
Andrea Licari, vicepresidente del Comitato “Nessuna discarica in Val di Vara”, rileva altre criticità: “Il rischio idrogeologico nella zona è molto elevato; che cosa sarebbe successo se l’alluvione del 25 ottobre 2011, che ha causato la morte di nove persone, avesse colpito una discarica del genere? La nostra valle ha già pagato con casi come Bosco di Checco”. La discarica di Bosco di Checco si trova a poche centinaia di metri dal sito che dovrebbe ospitare quella di Mangina. Benché operasse con tutte le autorizzazioni necessarie, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel luglio 1998 scrisse che “la vasca di stoccaggio provvisorio di Bosco di Checco è oggetto di allarmanti rapporti del Corpo forestale dello Stato”. La stessa Commissione Parlamentare rileva inoltre che “l’area di La Spezia appare interessata da una gestione oligopolistica e priva di controllo nel settore dei rifiuti: le società che si aggiudicano la realizzazione delle discariche sono, infatti, tutte collegate tra loro”. Secondo la Commissione parlamentare, il sito di Bosco di Checco era gestito dalla Sistemi Ambientali s.r.l, società riconducibile alla galassia di un imprenditore processato per “la collina” di Pitelli (SP) e assolto nel marzo 2011.
Le osservazioni al Piano territoriale di coordinamento della Provincia della Spezia del luglio 2005 inseriscono la discarica di Bosco di Checco tra i siti da bonificare, e manifestano “l’assoluta contrarietà” all’apertura di una discarica a Mangina. Ciononostante, Bosco di Checco sembra non essere mai stata bonificata -come pare confermare anche la Provincia- e nel maggio 2013 il piano industriale di Acam s.p.a. individua la discarica di Mangina come necessaria per completare il ciclo dei rifiuti nella provincia della Spezia. Il documento stabilisce un investimento di 14 milioni di euro nel triennio 2013-2015, spiegando che il raddoppio dei costi è causato dalla necessità di “alzare” la discarica perché “la falda si trova ad una quota superiore rispetto a quella ipotizzata precedentemente”. Il piano industriale 2013 di Acam non precisa, però, perché Mangina sia preferita ad altri siti indicati dal Piano provinciale dei rifiuti del 2003 che presentano minori criticità.
Così questa valle di boschi e piccoli borghi, che Mario Soldati definiva “la valle dei perché”, diventata un’eccellenza nel campo dell’agricoltura biologica, si deve confrontare con la possibile apertura di una discarica da 350mila metri cubi. A metà giugno, alcuni sindaci della Val di Vara soci di Acam hanno espresso la loro contrarietà all’apertura del sito di Mangina, criticando alcuni punti contenuti nel piano industriale del 2013, tra cui la pretesa di voler approvare la valutazione di impatto ambientale (Via) sul progetto preliminare invece che su quello definitivo, oltre che stimare la ratifica del progetto entro il giugno 2013. In realtà, mentre andiamo in stampa, il progetto non è ancora stato presentato.
“Il sindaco di Borghetto Vara ha un potere importante, dovendo esprimere un parere sanitario obbligatorio nell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) di cui non si può non tenere conto nell’ambito della conferenza dei servizi”, nota Marco Grondacci, consulente di diritto ambientale. “Inoltre il consiglio comunale può decidere di non approvare la variante al piano regolatore vigente e la Regione, competente per la Vas (Valutazione ambiantale strategica), può esprimere parere negativo alla previsione della nuova destinazione funzionale dell’area prevista da detta variante”.
Sullo sfondo della vicenda di Mangina, la situazione di Acam s.p.a, di cui con il 37% il Comune della Spezia è socio maggioritario.
La municipalizzata ha circa 500 milioni di euro di debiti e i cittadini della provincia della Spezia lamentano ritardi nella raccolta dei rifiuti e una percentuale di raccolta differenziata del 28,5%, (l’articolo 1 della legge 152/2006 stabilisce che entro il 31 dicembre scorso avrebbe dovuto raggiungere il 65%). Una situazione che rende la provincia ligure passibile di multa, vista la sanzione di più di 180mila euro impartita il 27 maggio 2013 dalla Corte dei Conti ad alcuni amministratori del comune di Recco (Ge), per non aver rispettato la soglia stabilita dalla legge. Secondo il consulente di diritto ambientale Marco Grondacci, “Acam vuole aprire due discariche nella provincia della Spezia, Mangina e Saturnia, anche se per completare il ciclo dei rifiuti ne basterebbe solo una. La scelta è determinata dal fatto che l’apertura dei nuovi siti permetterebbe di migliorare la patrimonializzazione della società e, in questo modo, Acam sarebbe più credibile nel momento in cui volesse ricontrattare il suo debito con le banche”.
Articolo pubblicato sul mensile Altreconomia nel settembre 2013