Skip to content
Il muro che divide Messico e Stati Uniti nella città di Tijuana

La minaccia dei dazi di Trump e le conseguenze sulle vite delle persone viste dal Messico

Orsetta Bellani, Altreconomia (Foto: O.B.)

Era radiante la presidente messicana Claudia Sheinbaum quando lunedì 3 febbraio ha annunciato in conferenza stampa che Donald Trump aveva accettato di sospendere l’ordine esecutivo firmato 48 ore prima e che imponeva dazi del 25% alle importazioni dal Messico per “non aver fermato il flusso di droga e migranti verso gli Stati Uniti”.

Sheinbaum sorrideva e scherzava con i giornalisti ma la sospensione delle barriere commerciali fino al 4 marzo, che è arrivata dopo una telefonata di 40 minuti tra i due capi di Stato, non è certo una vittoria a lungo termine. Intervistato dalla giornalista messicana Carmen Aristegui, l’ex ministro dell’Economia messicano Ildefonso Guajardo ha affermato infatti che probabilmente d’ora in poi sarà necessario considerare l’incertezza come un elemento permanente.

“I dazi potrebbero diventare una spada di Damocle per il governo messicano durante tutta l’amministrazione Trump. Li manterrà sempre ‘in sospeso’, non ci sarà un momento in cui dirà chiaramente che la minaccia dei dazi al Messico è finita”, racconta in un’intervista Laura Carlsen, direttrice del centro di analisi relazioni internazionali Mira e coordinatrice di analisi politica della Ong Jass. “Quello che a Trump importa è l’immagine, è poter dire di aver vinto anche se non è vero”.

In cambio della revoca dei dazi, Sheinbaum ha promesso di mandare diecimila agenti della Guardia nazionale alla frontiera con gli Stati Uniti. L’invio di soldati a una frontiera che è già di per sé militarizzata preoccupa le organizzazioni locali che si battono per i diritti umani, coscienti che il loro dispiegamento, più che combattere la criminalità organizzata, finirà per ledere i diritti dei migranti. Secondo il governativo Instituto nacional de Estadística, geografía e informática (Inegi), nel 2022 le detenzioni di persone in transito da parte della Guardia nazionale sono aumentate del 432,5%, e quelle per reati sono diminuite del 60%.

Le minacce di imporre dazi al Messico, il principale partner commerciale degli Stati Uniti, sono iniziate a novembre. A differenza dei precedenti governi messicani, quello di Sheinbaum ha immediatamente alzato la testa, cosa che è piaciuta molto ai messicani. “Le armi non le produciamo noi, le droghe sintetiche non le consumiamo noi, però purtroppo sono nostri i morti causati dalla criminalità organizzata che lavora per soddisfare la domanda di droga nel suo Paese. Risponderemo ai dazi con altri dazi”, ha scritto Sheinbaum in una lettera a Trump.

In effetti, la maggior parte della droga viene prodotta per soddisfare la domanda dei consumatori statunitensi e più del 70% delle armi usate dai cartelli messicani provengono dagli Stati Uniti. Sheinbaum ha celebrato il fatto che durante la loro telefonata Trump si sia impegnato a lavorare per evitare che le armi continuino a entrare in Messico ma non è stato un accordo formale e i media messicani temono che la promessa non verrà mantenuta, come non è stata mantenuta da vari predecessori del presidente repubblicano.

“È il Messico che dovrebbe dichiarare le organizzazioni criminali come terroriste, non gli Stati Uniti”, ha detto l’analista politico Edgardo Buscaglia, sottolineando che i cosiddetti narcos non commettono atti di terrorismo contro la popolazione statunitense ma contro quella messicana.

Il commercio con gli Stati Uniti rappresenta l’80% delle esportazioni messicane e, secondo il Consejo nacional agropecuario (Cna), i dazi potrebbero causare perdite per il Messico per 475 miliardi di dollari. Ma non solo.

A novembre, durante la conferenza stampa che si è svolta all’indomani delle prime minacce di guerra commerciale, il ministro dell’Economia Marcelo Ebrard ha mostrato come i dazi alle importazioni messicane danneggerebbero anche l’economia degli Stati Uniti: si potrebbero perdere 400mila posti di lavoro e il costo della vita per i consumatori statunitensi rischierebbe di subire forti rincari. Il prezzo delle automobili, ad esempio, potrebbe arrivare a crescere di tremila dollari per unità, visto che il 42% delle componenti necessarie a quest’industria è importato proprio dal Messico. In quell’occasione, Ebrard ha sottolineato anche che l’espulsione dei migranti annunciata da Trump causerebbe una caduta del Prodotto interno lordo (Pil) statunitense tra il 2% e il 3%.

I dazi sono inoltre illegali, perché proibiti dallo United States-Mexico-Canada Agreement (Usmca), il trattato di libero commercio firmato nel 2018 che ha sostituito il North American free trade agreement (Nafta), e che regola le relazioni commerciali tra i tre Paesi nordamericani: Messico, Stati Uniti e Canada. Secondo alcuni analisti, il motivo reale delle minacce commerciali di Trump ai Paesi vicini è fare pressione in modo da anticipare la rinegoziazione del Usmca.

“I trattati di libero commercio (Tlc) sono strumenti che servono alle grandi corporation e in questo caso non è utile neanche per gli scopi per cui è stato creato, cioè impedire azioni unilaterali come l’imposizione di misure protezioniste -conclude Laura Carlsen-. Quando si è negoziato l’Usmca, le organizzazioni sociali messicane non hanno fatto un’opposizione frontale perché l’integrazione con gli Stati Uniti è così forte che un’uscita improvvisa dal Tlc sarebbe stata molto costosa, non per l’economia in termini astratti, ma per le persone. Si è preferito lavorare in spazi autonomi, costruire un’altra economia ai margini di tutto questo, dove sono visibili gli sforzi dei popoli che potrebbero rappresentare il futuro non solo dell’economia messicana ma dell’intero Pianeta”.

Articolo pubblicato su Altreconomia il 5 febbraio 2025: https://altreconomia.it/la-minaccia-dei-dazi-di-trump-e-le-conseguenze-sulle-vite-delle-persone-viste-dal-messico/

Torna su