Papa Francesco nella terra dei desaparecidos
(Foto: Miguel Dimayuga)
È un paese in ginocchio quello che troverà Papa Francesco, atterrato a Città del Messico, dopo lo storico abbraccio a Cuba con il patriarca ortodosso Kirril. Un paese immerso in un conflitto che dovrebbe opporre lo stato alla delinquenza organizzata, ma che si è risolto in un massacro di civili: più di 164mila morti in meno di dieci anni, il doppio che in Iraq.
Il Messico è all’ultimo posto nella lotta alla corruzione fra i 34 membri dell’OCSE. “Nella maggior parte dei paesi si vedono istituzioni che avanzano, si vedono risultati palpabili, e in Messico no”, ha dichiarato Alejandro Salas di Transparency International.
Anche il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha criticato la situazione messicana, in particolare la compenetrazione tra organizzazioni criminali e istituzioni. “I problemi significativi relazionati con i diritti umani includono la partecipazione di polizia e militari in abusi, come esecuzioni extragiudiziali, torture e sparizioni”, ha scritto in un documento del giugno 2015. “L’impunità e la corruzione continuano ad essere problemi seri (…), nelle forze di sicurezza e nel settore giudiziario”.
L’ultimo di una serie di scandali che vedono protagonista il presidente Enrique Peña Nieto è stato portato alla luce da un’inchiesta giornalistica, e coinvolge anche la gerarchia ecclesiastica. Per permettere le nozze tra Peña Nieto e l’attrice di telenovelas Angelica Rivera, nel 2010 il cardinale Norberto Rivera -già accusato di insabbiare casi di preti pedofili- avrebbe annullato irregolarmente il precedente matrimonio della first lady. Papa Francesco ha annunciato di aver cancellato il suo incontro con la coppia presidenziale, per non avallare un’unione che sembra essere illegittima.
La corruzione genera l’impunità che permette la violenza. In Messico si registrano più di 27mila desaparecidos dall’inizio della “guerra al narcotraffico”, gente uscita di casa e mai più tornata. Nel 2015 sono sparite undici persone al giorno, il 30% sono minorenni, vittime di un conflitto che nasconde i suoi morti nelle fosse comuni.
“Nel 99% dei casi di sparizione in Messico, le autorità non applicano nessun protocollo di ricerca”, ha affermato Juan Carlos Gutiérrez, coordinatore dell’organizzazione non governativa I(DH)EAS.
L’ultimo caso che ha avuto una particolare risonanza è quello di cinque giovani, tra cui una ragazzina di sedici anni, che l’11 gennaio sono usciti in macchina per festeggiare un compleanno, nel meridionale Stato di Veracruz. La Polizia Statale li ha fermati in un posto di blocco e sono spariti nel nulla. Lunedì la notizia: i cadaveri di due di loro sono stati trovati in una fossa comune che potrebbe contenere tra 300 e 400 corpi, tutti cremati. I frammenti ossei dei due giovani sono stati inviati ai genitori in una cassa di cartone con su scritto “fragile”.
Lo stesso giorno si consumava una nuova tragedia a Orizaba, altra città dello Stato di Veracruz, la regione più pericolosa per i giornalisti in America Latina. Anabel Flores Salazar, giovane reporter di un quotidiano locale e madre di due bambini piccoli, è stata sequestrata da un commando armato che indossava uniformi militari. Il suo cadavere con le mani legate e segni di tortura è stato trovato martedì sera ai bordi di una strada. Negli ultimi dieci anni, in Messico sono stati uccisi 123 giornalisti e 23 sono desaparecidos. Secondo Article 19, ci sono indizi di partecipazione o tolleranza da parte delle autorità.
Di fronte a questa situazione, in molte zone del paese la gente si è organizzata. Dove la polizia non difende la popolazione, i cittadini fanno ronde armate per proteggersi dalla delinquenza. Dove le istituzioni non cercano i desaparecidos, genitori disperati si armano di pale e coraggio, e scavano alla ricerca dei cadaveri dei propri figli.
“State vivendo il vostro pezzetto di guerra, il vostro pezzetto di sofferenza, di violenza”, ha affermato il pontefice in un messaggio al popolo messicano. “Vengo per ricevere il meglio da voi e per pregare con voi, in modo che i problemi (…) incontrino una soluzione, perché il Messico della violenza, il Messico della corruzione, il Messico del traffico di droga e dei cartelli, non è il Messico che vuole la nostra madre”.
Articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 13.02.2015.