Il Messico si prepara a ricevere i migranti deportati
Trump rispetta le promesse fatte in campagna elettorale, ed ha già iniziato la caccia ai migranti. “Voglio che consegnate i cattivi”, ha detto mercoledì alla polizia. “Li allontaneremo dal paese e li manderemo da dove sono venuti, e lo faremo rapidamente”.
Secondo la stampa statunitense, le retate antimigranti si stanno svolgendo in sei stati. Centinaia di persone sono state arrestate nelle loro case, nei loro luoghi di lavoro o in posti di blocco, ma le autorità hanno assicurato che si tratta di operazioni di rutine.
Retate simili a quelle di questi giorni sono state realizzate anche durante il governo di Obama e hanno portato all’espulsione di migliaia di persone, ma allora non colpivano, come sta succedendo ora, persone con la fedina penale pulita. Come Guadalupe García de Rayos, deportata in Messico dopo 20 anni passati negli Stati Uniti, dove ha lasciato il marito e i due figli, nati nel paese. La portavoce del Dipartimento della Sicurezza Interna ha comunque assicurato che la maggior parte delle persone fermate in questi giorni sono “pericolosi criminali”.
Secondo uno studio del Senato messicano, gli Stati Uniti potrebbero deportare circa 500 mila messicani all’anno e, considerando uno “scenario catastrofico”, potrebbero arrivare a 900 mila. È necessario, affermano alcuni ricercatori, che il governo appoggi economicamente gli Stati del nord del Messico che dovranno ricevere i rimpatriati.
“Dobbiamo prepararci a quello che succederà, sappiamo che presto arriverà molta più gente nella nostra casa”, afferma in intervista Geraldine Estrada Rivera, coordinatrice della Casa del Migrante di San Luis Potosí (Messico), una struttura che ospita e assiste i migranti centroamericani che attraversano il paese nel loro viaggio verso il nord. “Quasi il 90% delle persone che riceviamo sono centroamericane, ma sappiamo che presto arriverà un gran numero di messicani cacciati dagli Stati Uniti. Normalmente vengono deportati in autobus e lasciati qui; arrivano nella nostra casa per poi muoversi verso i loro luoghi di origine”.
Il governo messicano, che fino a poco tempo fa dubitava che Trump potesse realmente mettere in atto un piano di espulsioni su larga scala, afferma di “essere perfettamente pronto” a ricevere i rimpatriati, assicura che sarà in grado di offrire loro un lavoro e che agevolerà l’ingresso dei più giovani al sistema educativo, mentre la prestigiosa Universidad Iberoamericana offrirà 1500 borse di studio a giovani deportati dagli Stati Uniti.
Ma parte della stampa locale continua a definire “opaco e titubante” l’atteggiamento del presidente Peña nei confronti di Trump, e non pensa che la crisi possa essere risolta dal nuovo titolare degli Esteri, Luis Videgaray. Un uomo privo di esperienza diplomatica, messo a capo di questo ministero dopo essersi dimesso da quello delle Finanze, a seguito delle polemiche motivate proprio dall’aver organizzato il viaggio di Trump in Messico, in piena campagna elettorale.
Articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 12.02.2016.